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Un fablab nel deserto: ecco la terza rivoluzione industriale. In Burkina Faso

Cosa ci fa un fablab – un laboratorio di fabbricazione digitale – a sud del Sahara? Cambia il modo in cui i giovani si prendono cura dello spazio urbano e fanno esperienza di apprendimento e condivisione. Il concetto di fablab è nato negli Stati Uniti ma in Italia, tra Napoli e Torino, – e in Burkina Faso – ha trovato il terreno ideale per diventare una piattaforma di scambio tra artigiani, designer e creativi africani ed europei.

Ne parleremo a Porto Franco in un panel curato da Donata Columbro che su Che Futuro! scriveva:

Dimenticate i garage della Silicon Valley. I nuovi protagonisti di quella rivoluzione tecnologica che è la fabbricazione digitale si ritrovano sotto il sole, a sud del Sahara.

Gildas Guiella (@gilckris) è uno di loro. Della generazione di Mark Zuckerberg (30 anni, come il fondatore di Facebook), appassionato di informatica, ma soprattutto di tutto ciò che è open source e utile alla comunità, è il fondatore del primo fablab dell’Africa francofona, avviato dopo la sua partecipazione alla manifestazione InnovAfrica nel 2011, in Burkina Faso.

Lo incontro a Ouagadougou, la capitale, in un giorno di febbraio in cui il termometro segna 38 gradi. Dopo aver attraversato la città in motorino, arriviamo nel quartiere periferico di Kalgondin, dove Gildas mi mostra un cortile deserto, pecore e tanta sabbia: “Ecco dove sorgerà la sede del nostro OuagaLab”. E quando comincia a raccontarmi dei suoi progetti è un fiume in piena.

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